Ercole Baldini

Ercole Baldini la locomotiva di Fori

Volava. Che andasse come una moto, lo si era capito subito: primo in una tappa e in una semitappa del Gran premio ciclomotoristico, che si faceva pedalando (in parte) nella scia di una moto.

Volava. Che andasse come un treno, lo si era visto già: primo nel Trofeo Tendicollo Universal, una gara a cronometro, anzi, la gara a cronometro, anzi, il campionato del mondo a cronometro.

Volava. Che fosse il più forte in una grande corsa a tappe, lo si scoprì al Giro d’Italia: primo nelle due tappe a cronometro, primo in una tappa con arrivo in salita, primo in una tappa alpina, primo nella classifica generale.

Volava. Che fosse il più forte anche nella corsa di un giorno, un giorno che valeva un anno, e un anno che sarebbe valso una vita, lo si ammirò al Mondiale di Reims: uscì allo scoperto quando al traguardo mancavano 250 km, e arrivò da solo.

Volava !!!!!


Era il 1958, ed Ercole Baldini, volando, sembrava imbattibile
. Un anno magico, felice, vincente. Un anno verde oliva (la maglia della Legnano), rosa, iridato e anche tricolore, perché si laureò pure campione italiano. Un anno irripetibile e indimenticabile. Tant’è che sabato 10 novembre, a 60 anni di distanza, Ercole Baldini lo ricorderà ancora. Celebrandolo con familiari e amici, colleghi e appassionati, autorità e sportivi.

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Pogliaghi pista 1963/4

Come altri artigiani del mondo della bicicletta, anche Sante Pogliaghi inizia giovanissimo a districarsi tra tubi e saldature. Ha solo 11 anni quando comincia a frequentare la bottega dello zio Brambilla, telaista conosciuto a Milano sin dagli anni ’20. Nel 1947, quando ormai si è fatto le 
ossa, apre la sua officina: due vetrine che si affacciano su viale Elvezia, a due passi dall’Arena.Costruisce solo telai su misura per le competizioni. Il catalogo della Pogliaghi Italcorse offre quattro modelli per la pista: velocità, inseguimento, mezzofondo e tandem, e due per la strada: corsa e cronometro.Il grande palcoscenico del Vigorelli, è vicino, e il fiore all’occhiello di Pogliaghi sono i tandem da pista, per cui utilizza tubi di diametro maggiorato e congiunzioni speciali che si costruisce da solo.
Produce pochi telai all’anno. Dal 1947 alla fine degli anni ’70 ha lavorato praticamente da solo, producendo al massimo un centinaio di biciclette all’anno. Alla fine degli anni ’70 l’officina si allarga, assume sei operai e la produzione sale a quasi un migliaio di unità.
Ognuno di loro costruisce il telaio dall’inizio alla fine. Parte dalla scatola del movimento e salda prima il tubo piantone e poi l’orizzontale. Dopo salda il tubo obliquo alla scatola. Alla fine completa il triangolo principale del telaio saldando il tubo di sterzo.
E’ un artigiano Sante Pogliaghi, ha angoli e misure in testa e costruisce a occhio. Dime e stampi non gli servono se non a sveltire il lavoro quando deve fare più telai dalle dimensioni identiche.
Disegna telai che si adattano alla perfezione alle caratteristiche fisiche del ciclista e alle varie specialità. La sua fama cresce e la lista d’attesa per avere un suo telaio si allunga.
Con i suoi telai corrono tra gli altri Sercu e Merckx, e gli italiani Beghetto, Faggin, Pettenella, Rossi. Le scritte cambiano a seconda dello sponsor, ma sulla pipa di sella compare sempre l’inconfondibile marchio di fabbrica, la sigla PSM: Pogliaghi Sante Milano.
Nel 2000 Sante Pogliaghi muore. Aveva già ceduto il marchio alla Rossin, che sino alla metà degli anni ’80 produsse biciclette a suo nome. In seguito il marchio passa di mano più volte, sino ad arrivare ai fratelli Basso negli anni ’90, che da qualche tempo a questa parte hanno deciso di non utilizzarlo più.

(testo tratto da www.ciclisucarta.it)

COLNAGO SUPER 1974 Eddy Merckx CRONOMETRO

si tocca il cielo con un dito

colnago cronometro  eddy merckx

è più facile trovare l’orso bianco sotto l’ombrellone al bagno papete  che trovare una bici di tale spessore e stato di conservazione

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collezione privata

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guarnitura singola

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CAMPAGNOLO NUOVO RECORD 1974

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bici pista di Ortelli 1939

  • rarissima bici pista Ortelli

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Mi chiamo Vito in onore di un grande amico di mio padre.quel Vito Casadio suo compagno di balli, anch’egli Reda ,vicino a Faenza , e morto in battaglia durante la guerra 15\18.Fu un gesto di riconoscenza che mio padre volle esprimere verso questo suo amico, che un giorno fu vittima, proprio per mano sua, di uno spiacevole incidente. Nel periodo cui lavorava all’officina Marabini, mio padre gli capitava di riparare  armi e riusci perfino a fabbricare una rivoltella, che poi vendette a un contadino di Albereto.Quando però questi si ripresentò qualche tempo dopo lamentandone  il mancato funzionamento ,per costatare se l’arma fosse inceppata, senza verificare che non ci fossero colpi in canna tirò soprappensiero il grilletto mentre l’arma era puntata verso il povero Vito Casadio, che era passato a salutarlo in officina. Vito!!!! ti ho preso ? chiese mio padre terrorizzato….. il Casadio rispose no, forse per la tensione, istantaneamente non dovette neppure avvedersi della ferita, ma era stato colpito, seppur di striscio, e la sua camicia bianca prese a tingersi di rosso. per fortuna nulla di grave, e siccome presentandosi in ospedale sarebbe stato obbligato a denunciare il fatto. Questo Vito Casadio  acconsentì a farsi medicare dalla levatrice, che con una piccola incisione gli estrasse il proiettile.Il suo comportamento consolidò ulteriormente l’amicizia che già li univa e mio padre ritenne in seguito di essergli riconoscente dandomi il suo nome

 

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