Messori corsa mod. specialissima 1981

Messori nell’arco della sua intera carriera di costruttore realizzò solo 120 telai, tutti pezzi unici e originali. Oltre alle estrema qualità e originalità delle sue bici, una delle caratteristiche estetiche e funzionali che distinguevano tutti i telai Messori era la cromatura sotto alla vernice impiegata per preservare il telaio dall’ossidazione. Costruì telai anche per altri marchi del modenese come Luciano Paletti

Messori si dedicò alla fase di lavorazione di ogni singolo telaio, dall’ideazione, all’applicazione delle decals.

dal sito di Frameteller

collezione privata

Colnago Master Più 1989 gruppo 35° anniversario

L’introduzione della forcella a foderi dritti rappresenta un momento importante nella produzione di bici Colnago. Intuizione che ha determinato un cambiamento profondo ed epocale nell’industria del ciclismo

I colpi di genio sono imprevedibili. La storia della forcella Precisa è tra questi. Siamo nel 1988, le forcelle che equipaggiano le bici di Ernesto Colnago, e tutte le altre nel mondo, hanno foderi curvi. Sono così da tradizione, da sempre. È un fatto consolidato che mai nessun costruttore di due ruote ha mai osato modificare. Vanno bene, sembrano perfette, sono leggere e non hanno difetti rilevanti.

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Ortelli 1958

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guarnitura Campagnolo prima serie

cambio Campagnolo record prima serie

mozzi ferro e alluminio flangia larga Campagnolo

pipa Cinelli

manubrio Ambrosio champion

Vito Ortelli

Nasce a Faenza nel 1921 in un incubatoio dell’azienda Marabini dove lavorava il padre. A soli 6 anni Vito è stato probabilmente il più giovane ciclista dei suoi tempi, nel 1927 infatti le bici per i bambini non erano ancora state ancora immaginate ma il padre, riducendo i cerchi e adattando gomme e camere d’aria, riuscì a costruirgli una piccola bici, lasciandola però volutamente senza freni per costringerlo a non andare troppo forte, a giudicare da come andarono poi le cose, uno stratagemma decisamente poco riuscito. Dalle prime scorribande con quella piccola bici tagliò nell’arco della sua carriera molti traguardi diventando uno dei più importanti campioni nella storia del ciclismo, l’unico nell’immediato dopo guerra in grado di competere allo stesso livello con Coppi e Bartali.

Nel 1938 lascia l’officina dove lavorava con il padre e dove già a 15 anni saldava i telai, per intraprende la carriera di corridore durante la quale è stato in totale quattro volte campione italiano: due su strada, da allievo e professionista e due su pista, battendo entrambe le volte Fausto Coppi. Al Giro d’Italia ha ottenuto un terzo e un quarto posto, vestendo la maglia rosa per un totale di 11 giornate. Durante la guerra, come anche Bartali e altri ciclisti, ha collaborato con la Resistenza, mentre nel 1948 ha recitato se stesso nel film “Totò al Giro d’Italia” insieme ai campioni dell’epoca. Nel 1952 si è ritirato dalle competizioni a causa di gravi problemi fisici alla gamba rimanendo però vicino al mondo del ciclismo e impegnandosi, insieme agli amici Magni  e Cinelli nella difesa dei diritti sindacali dei corridori fondando l’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani, della quale Ortelli è stato vice-direttore per oltre vent’anni.

Il ritorno in officina.

Intorno alla metà degli anni ’50, con un recente passato da grande campione alle spalle, Vito torna a Faenza per lavorare con il padre nell’officina che nel frattempo era stata ricostruita dalla distruzione dei bombardamenti grazie ai soldi guadagnati con le sue vittorie sportive. Sono tanti i corridori famosi che hanno fondato un marchio di biciclette a proprio nome, più rari i campioni come Ortelli che le hanno anche costruite con le proprie mani, i più abili si costruivano da soli anche gli attrezzi dell’officina, come il piano di riscontro che Vito Ortelli ricavò dallo sportello di un autoblindo tedesco della seconda guerra mondiale abbandonato vicino a casa.

Vito Ortelli:L’officina si trovava lungo le mura di Faenza mentre il negozio all’angolo del Ponte alle Grazie fino a quando fu bombardato e lo dovemmo trasferire poco più avanti. Le bicicletta venivano assemblate utilizzando una fucina a carbone per scaldare i tubi d’acciaio e poi effettuare la saldatura. Allora tra artigiani c’era stima e rispetto, mio padre e Guerra di Lugo erano i più abili e si fabbricavano da sé i pezzi mentre gli altri erano ancora arretrati e compravano tutto già montato. Come tubi usavamo gli italiani Columbus e in parte minore anche i Reynolds, che arrivavano da Coventry in Inghilterra tramite la Legnano, e i Falk.

 

O: Le pipe più particolari le facevamo fare ad un bravissimo artigiano di Bologna che riusciva a costruire stampi personalizzati su nostro disegno, così potevamo creare le congiunzioni come volevamo, altre congiunzioni e le pipe le compravamo dall’amico Cino Cinelli, correvamo insieme alla Bianchi da Ragazzi ed eravamo molto amici, a me e a pochi altri (Marastoni) permetteva di usare i componenti speciali in ghisa malleabile che erano più resistenti, bisognava saperle lavorare in quanto la ghisa a differenza della lamiera quando viene scaldata troppo rischia di spezzarsi facilmente durante la lavorazione ma era un ottimo materiale, questi pezzi venivano prodotti in Svizzera (Georg Fischer).

O: Le Congiunzioni che oggi non vengono più utilizzate erano a mio parere anche un bell’ornamento del mezzo, anche se non lasciavano vedere se effettivamente la saldatura era fatta a regola d’arte oppure no, i bravi artigiani prima di saldare i tubi dentro le pipe ne smussavano le estremità in modo che che appoggiassero tra loro dentro la congiunzione per far si che il triangolo principale da cui era costruito il telaio fosse effettivamente un tutt’uno, altri per impiegare meno tempo smussavano la tubatura con un taglio netto e la incastonavano senza far coincidere i tubi ottenendo all’insaputa del cliente un prodotto di qualità inferiore.

Per la cromatura si immergeva prima il telaio nel rame per una maggiore protezione, il rame è infatti il materiale che entra meglio nei pori del metallo e veniva utilizzato per primo, poi lo si immergeva nel Nichel per un ulteriore protezione al deterioramento fino a che non prendeva un colore bianco intenso e infine il bagno nel cromo che dava un bel colore alla bicicletta. Dopo la guerra molti hanno cominciato a fare un unico bagno al cromo lucido, procedimento sicuramente inferiore al vecchio ma meno costoso. La verniciatura si svolgeva in tre fasi: prima si apportava del Minio che è Ossido di Piombo per preparre il telaio al primo strato di vernice al quale, con una tela fine, si applicava il secondo strato, in genere un colore nero perché più resistente alle alte temperature.

All’inizio facevo verniciare e cromare da Cicognani e Cimatti di Faenza, poi quando loro si dedicarono ad altri settori andai da Leoni. Era un grande artista, faceva filettature e disegni a mano libera direttamente sui telai dopo averli verniciati, erano delle opere d’arte. Un altro grande artista era Gino Cornazzani di Castelbolognese, faceva delle incisioni splendide e spesso mi servivo di lui per abbellire i telai, sempre per ragioni estetiche sono stato il primo in Italia ad imprimere sul tubo il mio nome in rilievo.

un ringraziamento particolare a Frameteller

collezione privata

COLNAGO SUPER 1981

le do una mano a caricare la bici ?

no ,grazie

ci mette molto ad arrivare a casa ?

un’oretta

di dove siete ?

sono di  ……..

ho mia nipote che vive li, forse la conosce ?

improbabile ,la mia città è grande

si ma vive dove c’è la pineta ,c’è una pizzeria

conosco la zona perchè ci abito

si è la casa color …..

ma scusi ,come si chiama sua nipote ?

si chiama ……..

è la mia vicina di casa !!!

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campagnolo super record

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forcella pendente caratteristica dell’anno 1983

è la stessa del mexico

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columbus

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