Masi corsa fine anni 50

Masi. Questo nome nel mondo della bicicletta da corsa è una leggenda. Faliero Masi è stato “il sarto” che dal 1949 nel negozio sotto l’altrettanto leggendario velodromo Vigorelli a Milano, in via Arona, ha scritto con il cannello di saldatura pagine memorabili nella storia di questo sport ridefinendone certi aspetti. Molti nomi leggendari hanno calcato il pavimento di questo negozio: Coppi, Anquetil, Merckx, Maspes, etc.. inutile fare l’elenco. Com’è inutile ripetere qui la storia di un mito che quasi tutti conoscono.

All’inizio del Novecento in piazza della Chiesa si trovava una delle prime botteghe da meccanico di biciclette. Ne era proprietario tale Campostrini che per alcuni anni ebbe come garzone Faliero Masi, un giovane che si cimentò anche nella carriera di ciclista.

Dopo un brillante avvio fra i dilettanti sul finire degli anni Venti Faliero passò ai professionisti. Partecipò, senza squadra, a due Giri d’Italia, ma in entrambi i casi fu costretto al ritiro. Nel 1933 vinse una coppa Zucchi.

Fu l’unico acuto della sua carriera. In una delle sue numerose interviste, Alfredo Martini, di tredici anni più giovane, ha raccontato di aver cominciato ad allenarsi da ragazzo con ciclisti sestesi più grandi di età: tra questi c’era anche Masi.

Appesa la bici al chiodo, Faliero, proseguì la sua attività di meccanico aprendo, sempre a Sesto, una bottega in proprio. Aveva la dote naturale di saper creare biciclette che esaltavano le caratteristiche dei suoi clienti e il suo talento non tardò a emergere. Nel 1940, fu chiamato a Milano dalla Viscontea di cui divenne responsabile del reparto corse. Nell’immediato dopoguerra proprio in quella squadra iniziò a farsi notare un altro giovane toscano giovane che avrebbe fatto la storia del ciclismo italiana: Fiorenzo Magni.

Durante il Giro d’Italia del 1956 fu proprio Faliero Masi a consigliare Magni, che correva con la clavicola rotta, a girare una camera d’aria intorno al manubrio e poi stringerla con i denti in modo da attutire il dolore. I due hanno così regalato una delle immagini più significative del ciclismo di ogni tempo.

Intanto nel 1947 Masi si era messo di nuovo in proprio aprendo un’officina prima in via Michelino da Besozzo e poi sotto una delle curve del velodromo Vigorelli. Aprire un’officina proprio lì era, parola di Alfredo Martini, come per un sarto avere il laboratorio al Teatro alla Scala. E sarto di grande qualità fu Faliero Masi. I “vestiti” che cuciva cadevano sempre bene. A lui si rivolgevano tutti i più grandi campioni. Per loro preparava biciclette efficienti ed eleganti. Tra le tante, la Masi Special preparata per il più grande fra i pistard: il sette volte campione del mondo Antonio Maspes.

La soddisfazione maggiore arrivò nel 1959. Jacques Anquetil stava per tentare il record dell’ora detenuto fin dal 1942 dal Campionissimo Fausto Coppi, ma si presentò al Vigorelli con una bicicletta che sbandava in curva. Non c’era molto tempo per rimediare, ma a Faliero bastò. In una sola notte allestì una nuova bici che consentì al francese di raggiungere il risultato agognato. Oggi quella bici è custodita in un museo di Parigi. Come la Gioconda. Roba da toscani. Per la cronaca quel titolo fu poi annullato perché il francese si rifiutò di presentarsi al controllo antidoping. Questo niente toglie alla performance del “garzone del Campostrini”.

Soltanto chi ha corso come me, facendo fatiche bestiali, può capire
come deve essere fatto un telaio, sul quale distribuire il peso di chi
pedala, tenendo conto delle misure dorsali, della lunghezza delle
gambe e delle braccia.

cit di Daniele Niccoli foto dell’amico Frameteller

collezione privata

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