in quel periodo ci fu un modello con braccio a falce
il manubrio fu un regalo di un certo Greg Lemond
il freno Mafac preferito da Ortelli
collezione privata
Vito Ortelli, il Binda dei dilettanti
Vito ORTELLI (Il Binda dei dilettanti)
Nato a Faenza (RA) il 5 luglio 1921
Potenzialmente destinato a una carriera eccezionale sia per il numero che per la qualità delle sue affermazioni di ogni genere ottenute fra i dilettanti, non è stato in grado di concretizzare i meriti, la bravura, la classe evidente per contrattempi fisici e per l’animosa condotta di gara che gli piaceva attuare pur dovendosi battere contro avversari come Coppi e Bartali. Fece sensazione a 19 anni quando, correndo in coppia con Magni (entrambi dilettanti), riuscì a sconfiggere i professionisti nel Giro della Provincia di Milano grazie alle prove complementari su pista.
In lui c’erano gli stigmi del campionissimo chissà perché non divenuto completamente tale. Nonostante la sfortuna di vivere nell’epoca dei divini Coppi e Bartali, ha saputo ritagliarsi quello spazio d’evidenza in grado di intervenire e segnare la cultura e il costume di quei tempi. Resta un punto di riferimento di un’epoca, un poderoso atleta dalla pedalata armoniosa, capace nelle giornate migliori di piegare qualsivoglia avversario gustando come pochi quel fascino e quell’ebbrezza che solo il ciclismo sa dare, ovvero raggiungere il traguardo per primi dopo chilometri e chilometri in solitudine. La sua storia di atleta iniziò nei primi mesi del 1938 quando, spinto da una immanente passione verso il pedale, superò lo scetticismo del padre e si schierò nelle file della “Faenza Sportiva”. Il debutto fu subito d’evidenza: due vittorie e ben undici piazzamenti fra i primi cinque.
Nel 1939 Ortelli, sempre protagonista, trionfò in sette gare con una condotta da campione di razza e, soprattutto, si laureò a Padova campione italiano allievi. Dopo tanti successi solitari il traguardo che gli valse il tricolore lo colse con uno sprint che dimostrò quanto la sua ruota fosse pure veloce.
Con un blasone primario, passò nel 1940 fra i dilettanti, ancora nelle file della “Faenza Sportiva” l’attuale S.C. Faentina. Il primo anno di Vito Ortelli fra i “puri” fu così radioso da rappresentare tutt’oggi un primato nell’intera storia del ciclismo. Vinse 14 corse sulle diciassette a cui partecipò! Un ruolino incredibile reso ancor più impressionante dal modo col quale Ortelli sgretolò la resistenza degli avversari. In ben undici casi giunse solo al traguardo dopo fughe tanto lunghe quanto rischiose. Il suo passo potente ed elegante sembrava sciogliere le montagne, umiliare la pianura e sradicare le ruote negli sprint, quando qualcuno osava raggiungere il traguardo con lui. Un vero fuoriclasse.
Ben presto, in primis proprio il Commissario Tecnico Alfredo Binda… lo definì il “Binda dei dilettanti”. Fra le sue vittorie di quel leggendario anno sono da annotare i centri nella Coppa Rizza, nella Coppa Azzini, nella Modena-Abetone, nella Bologna-Raticosa e nella Coppa Tarabini. Ma fu nel mese di novembre di quello strepitoso ’40 che Ortelli giunse a compiere un’impresa tutt’oggi ineguagliata. In coppia con Magni, altro grande dilettante di un anno più anziano, diede scacco a tutti i più forti e blasonati professionisti dell’epoca trionfando nel Giro della Provincia di Milano. Il tutto solo poco più di un anno dopo il “tricolore” conquistato fra gli allievi!
Nel 1941, quando ormai la guerra gelava gli animi e lo sport era uno dei pochi raggi di luce, Vito Ortelli, ormai per tutti un vero fuoriclasse del pedale, passò all’A.S. Forlì. Nonostante partecipazioni molto intermittenti a causa del servizio militare, Ortelli esaltò ulteriormente la sua fama. Dodici vittorie fra le quali la Coppa Stupazzini a Bologna, la Coppa Malatesta a Ravenna, la Coppa Paolucci e la Coppa Girolomi entrambe a Roma, la Coppa Figli del Duce, la Coppa Pasini e la Coppa Arcangeli a Forlì ed il prestigiosissimo Astico Brenta.
Il 1942 segnò l’esordio “ufficiale” del faentino fra i professionisti in seno alla Bianchi. Poche gare a causa della guerra che era più che alle porte, ed un successo strepitoso nel Giro di Toscana (una corsa massacrante con tante dure salite disseminate su un percorso di 310 km). Nel 1943 fra una bomba e l’altra vinse il G.P. Vis e Patria. Finito l’immane conflitto (1945), Ortelli fu subito chiamato a confrontarsi con Coppi in quella che era sì una prova su pista, ma per quei tempi il più importante teatro di sfida: l’inseguimento. In palio vi era l’accesso alla finalissima della specialità ai Campionati Italiani. Sul Motovelodromo di Torino la sfida fra i due assunse i caratteri di un duello fra “titani” e la spuntò Ortelli (in maglia Benotto) a tempo di record: 6’23″ sui 5 chilometri alla media di 46,600 km/h, un ruolino pazzesco per quei tempi. Raggiunta la finale, il faentino dispose facilmente di Leoni e si laureò tricolore.
Anche su strada l’ormai grande corridore romagnolo seppe dettare la sua legge di atleta straordinario per temperamento e classe. Vinse la Milano-Torino, involandosi sul Superga. Nel 1946, quando già alcuni di quei malanni fisici che poi gli appannarono la carriera avevano fatto capolino, vinse il Trofeo XX Settembre, ancora la Milano-Torino, e la tappa di Chieti al Giro d’Italia. Fu il primo Giro per Ortelli. Finì terzo dietro Bartali e Coppi vestendo per cinque giorni la maglia rosa. Ancora un’altra grande sfida con Coppi nell’inseguimento, stavolta al Vigorelli di Milano nella finalissima dei Campionati Italiani, ed ancora un successo per Vito Ortelli che bissò così il tricolore dell’anno prima. Un solo grande acuto nel 1947, il Giro del Piemonte, anch’esso conquistato alla maniera solita, cioè quella dei grandi corridori. L’anno seguente passò all’Atala e pur fra i soliti malanni trovò modo di rimanere ai vertici grazie ai successi nel Giro di Romagna, nel Circuito di Faenza e, soprattutto, con un grande Giro d’Italia dove finì ancora una volta terzo, dopo aver vestito per sei giorni la maglia rosa.
Anche il 1948 riservò ad Ortelli la gioia di una maglia tricolore, stavolta la più prestigiosa: quella su strada. Ancora una volta il titolo lo conquistò dopo un entusiasmante duello con Coppi. Finalmente, libero dai suoi malanni, potè partecipare ad un mondiale. Quella corsa che si tenne nella tanto stregata Valkenburg, segnò il celebre abbandono di Coppi e Bartali, i quali finirono per danneggiare involontariamente Ortelli. Il faentino aveva gambe per seguire il belga Schotte che poi vinse, ma non lo fece perchè ancora attendeva disposizioni dai due “capitani”. Finì ottavo, non senza rimpianti.
La stagione ’49 fu per il romagnolo il segno evidente di un declino concretizzatosi tale, in virtù dei sempre tanti problemi fisici. Eppure era iniziata bene col secondo posto dietro a Coppi nella Milano-Sanremo. Poi poche gare e nessun acuto. Nel 1950, Ortelli provò a ritornare il grande corridore d’un tempo, vinse i Circuiti di Savona e Viadana e, da autentico trionfatore, il prestigioso G.P. Nizza. Nessuno pensava che quella bella vittoria fosse in realtà il “canto del cigno” del formidabile corridore faentino. Invece, la realtà fu proprio quella.
Ortelli corse ancora nel 1951 sempre nelle fila dell’Atala e nel 1952 con la Lygie. Poche gare per la verità. La sua stagione fra tanti problemi era finita da tempo. Restano però intatti i ricordi di un campione che seppe intenerire le folle per quella straordinaria completezza sublimata sull’orizzonte di generose condotte di gara.
Una realtà che dettò un tangibile segno di rimpianto per quello che poteva essere e che invece non fu. E che la sua vita fosse per quel cavallo d’acciaio di cui, quando vi saliva, era la prosecuzione naturale, lo dimostra ancora oggi, ultraottantenne, seguendo i giovanissimi della S.C. Faentina.
un ringraziamento all’amico Loris
Salve, in quanti erano oltre a Cinelli ad usare la vite passante tra la testa dei forcellini per stringere il reggisella? Grazie e complimenti per il bellissimo sito.
x un certo periodo alla fine degli anni 50 sia Ortelli che Patelli e forse altri ne fecero uso. Cinelli era famoso per il pendente posteriore con vite e poi Campagnolo con i forcellini , toccava poi l’artigiano creare un vestito per il proprio cliente . dopo il 1960 Ortelli mise la propria impronta sulla costruzione dei telai .ciao Manuel