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Licinio Marastoni – sebbene meno famoso di altri telaisti italiani di fama mondiale come ad esempio Masi o De Rosa – può sicuramente essere annoverato nel Gotha degli artigiani che hanno fatto la storia della bicicletta.

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Le sue biciclette sono apprezzate dai collezionisti di tutto il mondo ed esistono diversi fan club a lui dedicati negli Stati Uniti ed in Giappone.

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Licinio è da considerare non un semplice telaista, ma un vero e proprio sarto della bicicletta. Curava ogni dettaglio maniacalmente, dalla posizione del ciclista in sella, all’aspetto estetico e funzionale dei suoi telai.

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Le Marastoni costavano mediamente più delle altre biciclette per le tante ore di mano d’opera impiegate, soprattuto quelle dedicate alla fase di limatura e rifinitura. Licinio infatti cercava la perfezione in ogni telaio.

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“Gli altri telaisti di Reggio dicevano di me che ero un frate per tutto il tempo che rimanevo chino su un solo telaio, e che non mi sarei mai fatto i soldi… A me interessava fare bene il mio lavoro!”

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Siamo andati spesso a trovarlo nella sua storica bottega in via Righi a Reggio Emilia. Ogni volta Licinio apriva per noi il grande libro della storia della sua vita… Così inesorabilmente intrecciata a quella del ciclismo. Del privilegio di averci regalato il suo tempo e le sue storie gli saremo sempre infinitamente grati.

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Ci raccontava che da bambino lavorava come garzone nella bottega di Grasselli, il telaista che gli insegnò il mestiere, e che nella pausa pranzo andava a piedi in piazza San Prospero, piuttosto lontana dalla bottega, solo per poter mangiare a cavallo di uno dei sei leoni di marmo che delimitano il sagrato della basilica.

Dopo qualche anno di apprendistato, all’età di 16 anni, decise che era giunta ormai l’ora di aprire la sua bottega e iniziare a costruire le prime biciclette marcate Marastoni con l’attrezzatura comprata impegnando la macchina da cucire della madre.

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I primi clienti che entravano in bottega trovandosi davanti Licinio e il suo garzone dodicenne, cercavano di capire dove fosse il padrone: “…il padrone è uscito, dica pure a me che poi riferisco…” diceva Licinio.

Con la guerra dovette chiuder bottega e partire per la Germania. Tra i tanti aneddoti di quel periodo ci piace ricordare di quando, tornando a casa dalla Germania a piedi, dopo che gli aerei alleati distrussero il campo di prigionia dove era rinchiuso, trovò riparo e ristoro presso una famiglia di contadini di Ostiglia a circa settanta chilometri da Reggio.

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Ritrovate un po’ di forze e volendo ripartire per raggiungere finalmente casa, chiese alla famiglia che lo stava ospitando se per caso non avessero una bicicletta da prestargli. Purtroppo l’unica che possedevano aveva le camere d’aria bucate e non c’era nulla in casa per poterle riparare. “…Avete dei tappi di sughero?”

Così, con i copertoni pieni di tappi si mise in sella per tornare finalmente a casa. Licinio non si scordò della famiglia di Ostiglia e appena ripresosi dalla fatiche riportò ai suoi proprietari la bicicletta che gli avevano prestato, completamente restaurata.

Riaperta bottega ricominciò a costruire biciclette, voleva che le sue si distinguessero da quelle degli altri telaisti reggiani. Trovò la soluzione in un ramarro morto che vide lungo la strada! Raccolse il ramarro e lo portò dal suo verniciatore: “…Voglio che mi vernici le biciclette di questo colore…”. Ne uscì un bellissimo verde brillante! Colore che all’epoca era piuttosto inusuale!

 

“Il colore piacque così tanto che molte persone venivano da me in bottega con biciclette di altri costruttori, chiedendomi di verniciarle di verde Marastoni!”

 

Da meccanico e telaista arrivarono grandi soddisfazioni.

Partecipò diversi anni come meccanico al giro d’Italia per la Salamini di Parma, e costruì telai per Fausto Coppi (per Coppi fece un telaio da pista) e Francesco Moser.

Quest’ultimo con un telaio costruito da Marastoni vinse il giro d’Italia del 1984.

Fu all’avanguardia anche nelle tecniche costruttive dei telai, infatti fu il primo ad utilizzare le congiunzioni ottenute per microfusione (le congiunzioni sono parti del telaio che servono appunto a “congiungere” gli otto tubi di cui è formato).

La microfusione è una tecnica di fusione del metallo che permette di ottenere pezzi con forme molto elaborate.

Prima le congiunzioni venivano prodotte per fusione in ghisa oppure erano di lamiera stampata. Il prodotto derivante da questi due tipi di lavorazioni era molto grezzo e doveva poi essere accuratamente lavorato per limatura dai telaisti, comportando un enorme dispendio di tempo.

L’idea gli venne vedendo un pezzo di un impianto a gas per automobili.

Si mise in contatto con una ditta che si occupava di microfusione, preparò i prototipi in bronzo delle congiunzioni, e vi investì quasi tutto il suo capitale.

 

“Per produrre le prime congiunzioni in microfusione mi chiesero 500.000 lire una cifra enorme all’epoca, io ne avevo in banca 550.000!”

 

Il risultato fu incredibile! Da allora, fino all’avvento di metodi di saldatura più moderni come il “T.I.G.”, tutte le case costruttrici di biciclette impiegarono, nella produzione dei telai in acciaio, congiunzioni microfuse.

Negli anni ’70, dopo la perdita del figlio Marco in un incidente stradale, cominciò a marcare i suoi telai migliori “Marco Marastoni”. Sempre in onore del figlio, dal 1973 al 1996, a Reggio si è tenuto il “Memorial Marco Marastoni”, una corsa ciclistica che attirava moltissime persone da tutta Italia, alla quale hanno partecipato anche grandi campioni.

Licinio ha 93 anni e ha costruito biciclette per più di sessant’anni, l’ultima se l’è fatta per lui negli anni Novanta.

Quest’anno Reggio Emilia ha voluto omaggiare la carriera di Licinio con una giornata a lui dedicata a cui hanno partecipato grandi nomi del ciclismo italiano e reggiano.

Inoltre sempre in occasione di questo evento è stato presentato un video sulla sua storia (allegato in fondo all’articolo), realizzato dai ragazzi dello studio AdSimple (www.adsimplestudio.com) con Caterina Tonon nell’ambito del progetto “Botteghe” dedicato agli artigiani di Reggio Emilia.

Da Reggiani appassionati di bici vintage ci tenevamo moltissimo a poter lavorare su una Marastoni! Abbiamo setacciato Reggio per anni per trovarne una! E finalmente eccola… Una bellissima Marco Marastoni verde “ramarro” del 1975!!

Ci siamo buttati a capofitto nel restauro chiedendo allo stesso Licinio, oltre alle decals originali, anche alcuni consigli.

A bici ultimata siamo andati da Licinio per avere la sua benedizione sul lavoro svolto, e tra una storia e una foto, Marastoni ci ha anche regalato il suo autografo sulla “canna” della bici! Ha poi aperto la vecchia scatola in cui conserva preziosamente gli storici libretti dove annotava per ogni telaio prodotto il proprietario, le misure e il numero di matricola. Grande la nostra emozione quando, tra le migliaia di matricole registrate, abbiamo letto “0426”, i numeri stampigliati sul telaio della nostra Marastoni.

Prima di firmare la bici, con nostra grande soddisfazione, ci dice: “Non avrei potuto montarla meglio!” Poi si gira verso il suo banco di lavoro, prende due chiavi e aggiunge: “… però c’è da registrare lo sterzo…”

Mitico!

tratto da ferrivecchi-cicli.it

collezione privata

 

1 thoughts on “Marastoni 1950 cambio Parigi Roubaix

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